La regolamentazione delle attività commerciali, da parte delle Regioni e dei Comuni, anche quando è stata preceduta da studi e analisi complessi e articolati, in generale può essere considerata tutto fuorché basata su criteri scientifici o anche solo razionali.
Nei primi anni di applicazione del Decreto Bersani, nonostante il grosso ruolo che tale normativa ha dato agli aspetti urbanistici, i criteri adottati sono stati prevalentemente di tipo quantitativo, basati su valutazioni economiche, tutt’al più ?definite per ambiti territoriali predeterminati, essenzialmente ricalcati sull’analisi dei bacini di utenza esistenti.
Le rare ipotesi di gerarchizzazione di solito si fermano a stabilire la dimensione massima delle strutture ammissibili in ogni unità territoriale, ma sempre rispettando essenzialmente lo “status quo”, senza ipotizzare modelli alternativi di distribuzione territoriale né una articolazione di servizi dimensionalmente diversi che potessero svolgere diversi ruoli. L’ipotesi sottostante, non dichiarata, era di collocazione delle strutture maggiori all’interno dei bacini demograficamente più vasti, ma grosso modo con una quota di mercato uniforme. Fenomeni “vincenti”, come i centri commerciali regionali (ancora quasi sconosciuti in Italia), gli outlet, i parchi commerciali, le strutture integrate con il leisure, si sono quasi sempre sviluppati non perché rispondenti ad un modello articolato di rete, ma infilandosi negli interstizi delle norme e cercando di aggirare i limiti e i divieti, e sfuggendo alle regole in quanto tipologie “nuove”, non previste e di conseguenza non vietate dalle norme.
Venendo gradualmente a cadere la programmazione “quantitativa” a seguito delle lenzuolate di Bersani e poi della Bolkestein (ma in alcune regioni i contingenti resistono ancora) i criteri si sono spostati verso le valutazioni di sostenibilità (ambientale, viabilistica, ecc.) ma quasi sempre orientate a “bloccare” gli inserimenti considerati “sgraditi”, senza indicare in positivo dei criteri (se non labilissimi) di localizzazione, né tanto meno ipotizzare un modello di rete distributiva. In parziale controtendenza solo il Piemonte e l’Emilia.
Di fatto, le Regioni tendono ad affidare le scelte localizzative ai Comuni, ponendo solo dei limiti quantitativi (o economici) più o meno mascherati e fornendo solo poche e vaghe indicazioni localizzative.
Ovviamente sulla qualità delle indicazioni dei comuni non incidono solo le scelte di natura prettamente commerciale, ma ha un grandissimo peso l’impostazione generale della normativa urbanistica di ogni regione, quasi sempre concepita senza alcuna considerazione specifica rivolta ai problemi del settore distributivo, ma al massimo integrata con criteri commerciali non coordinati con il resto delle norme.
I risultati sono davanti agli occhi di tutti.
Per i Comuni, la rimozione dei limiti quantitativi è venuta a coincidere con il drastico crollo delle risorse derivato dal patto di stabilità e dai tagli del Governo.
Questo ha scatenato la corsa ad accogliere quante più domande possibili di grandi e medie strutture, i cui oneri di urbanizzazione stanno diventando la più importante risorsa a disposizione dei comuni.
La conseguenza è che i Comuni (per fortuna con qualche significativa eccezione) stanno abbassando la guardia, rinunciando a fissare a priori criteri localizzativi per le medie e grandi strutture, e tendono a prevedere quante più localizzazioni possibili, con un’elevata propensione a modificare “su misura” gli strumenti urbanistici su richiesta dei privati.
Al commercio di vicinato, all’ingrosso, alla somministrazione ed alle attività paracommerciali viene prestata pochissima attenzione, oscillando dagli atteggiamenti di puro protezionismo di quei comuni che ancora pensano che per difendere il piccolo commercio basti bloccare la grande distribuzione, all’atteggiamento del tutto fallace di considerare il vicinato come un’attività residuale e interstiziale che possa essere collocata casualmente su tutto il territorio, senza preoccuparsi di attivare “in positivo” meccanismi che creino le condizioni più favorevoli allo sviluppo dei servizi di prossimità o di alta specializzazione. Anche qui si tende a dimenticare che il problema non è solo la dimensione dell’esercizio, ma il tipo di funzione commerciale che ogni negozio è chiamato a svolgere da solo o in sinergia con il resto della rete.
Questo modo di procedere è fatto di un cocktail esplosivo che comprende fattori come la scarsa attenzione al comparto, un malinteso senso del liberismo e della semplificazione, una specie di atteggiamento “risarcitorio” (i piccoli esercizi sono già vessati dalla grande distribuzione e dalle tasse, per venirgli in contro, lasciamogli fare quello che vogliono), ma anche la mancanza di strumenti culturali e conoscitivi atti ad affrontare il problema (figlia anche di decenni di incomunicabilità tra urbanisti ed economisti).
Riteniamo invece che la Pubblica Amministrazione debba assumere un atteggiamento “proattivo”, non limitandosi ai divieti, ma attivando strategie che favoriscano il conseguimento dei risultati desiderati.
La strategia proposta da Prassicoop è di affrontare la tematica della programmazione delle strutture commerciali ed assimilate in base ad un meccanismo innovativo, che parte dalla constatazione dell’inadeguatezza dei meccanismi tradizionali basati sul concetto di “zoning”.
Vi sono, infatti, due punti fondamentali in cui le logiche di sviluppo del commercio entrano in conflitto con la logica dello zoning.
Innanzitutto il commercio si distribuisce naturalmente per assi, punti, o poli, e non per aree territoriali estese, e quindi non si presta ad essere regolamentato con meccanismi che fissano disposizioni uniformi per zone omogenee.
In secondo luogo, lo zoning tende a raggruppare territorialmente funzioni tendenzialmente omogenee, mentre il commercio tende a prosperare in situazioni di mescolanza di funzioni diverse, al punto tale che anche i centri commerciali, che sembravano nati per realizzare delle concentrazioni commerciali omogenee, si stanno sempre più trasformando in strutture polifunzionali integrate.
L’intuizione di tale inadeguatezza non è un fatto nuovo: era già stata evidenziata all’inizio degli anni ’70 dall’Arch. Gentili, pioniere dell’urbanistica commerciale in Italia.
L’avanzamento dello stato dell’arte ha portato ad un consolidamento di questa prospettiva, ultimamente riconfermata nell’editoriale dell’Arch. Alfonso Alvarez Mora al numero 10 della rivista “Ciudades” edita in collaborazione tra il Politecnico di Milano e l‘Università di Valladolid ed avente come tema monografico “ Generatori di nuova urbanità: gli spazi commerciali”
Il modo alternativo di affrontare i problemi della pianificazione del commercio, che è quello che proponiamo per il PGT, consiste invece nel partire dall’analisi della realtà commerciale locale per individuarne le caratteristiche distributive in rapporto al territorio ed in particolare verificare l’esistenza e le caratteristiche di veri e propri “sistemi commerciali”, che innervino la struttura distributiva presente sul territorio, in alternativa ad una distribuzione pressoché casuale rispetto all’edilizia presente sul territorio.
L’analisi dell’effettiva localizzazione delle strutture commerciali e paracommerciali sul territorio evidenzia di fatto un modello distributivo basato sulla presenza di “SISTEMI COMMERCIALI”, in qualche modo organizzati e coerenti (ancorché di fatto) e di esercizi esterni ai sistemi commerciali stessi.
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La normativa di piano si pone l’obiettivo di razionalizzare la crescita del comparto valorizzando ed incentivando il più possibile la collocazione delle attività all’interno dei sistemi commerciali, e prevedendo gli insediamenti esterni ai sistemi commerciali più che altro come una eccezione, di cui prendere atto laddove esistente (garantendo ovviamente i diritti acquisiti), e da consentire per i nuovi insediamenti solo in particolari condizioni limite o comunque atipiche.
La strategia è quindi di stabilire l’insediabilità o meno delle varie tipologie di attività a seconda del sistema commerciale di collocazione, anziché genericamente della zona urbanistica.
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Questa impostazione risulta sostanzialmente innovativa rispetto alle usuali normative per il commercio, ma presenta il vantaggio, tra l’altro, di una più facile adattabilità ai modelli di pianificazione dei futuri PGT, per i quali la definizione di zone urbanistiche omogenee potrà essere limitata solo a porzioni limitate del territorio. In regioni che ancora utilizzano i vecchi PRG con una rigida definizione della destinazione d’uso, l’uso di questo modello può risultare più problematico.
Con il termine sistemi commerciali ci si riferisce a raggruppamenti di attività commerciali in insiemi programmati o spontanei di consistenza sufficiente a determinare effetti di sinergia e richiamo.
La distribuzione delle attività commerciali in sistemi è in genere articolata come segue:
a)?? sistemi commerciali lineari
-???? assi a fruizione pedonale;
-???? assi di attraversamento o penetrazione;
-???? assi di grande comunicazione
b)?? sistemi commerciali areali
-???? programmati (per grandi strutture di vendita; per medie strutture di vendita significative; di concentrazione funzionale, aree mercatali);
-???? consolidati o spontanei (addensamenti di attività commerciali o assimilate con una superficie superiore ad un limite prefissato ed entro una distanza predefinita, variabili in funzione delle dimensioni del comune).
Sistemi commerciali lineari a fruizione pedonale
Si collocano solitamente lungo le vie centrali e sono caratterizzati prevalentemente da edificato con fronti continui su strada che presentano una notevole densità e continuità del tessuto commerciale e paracommerciale, prevalentemente costituito da attività di vicinato. Generalmente presenti su entrambi i lati dell’asse stesso, le attività commerciali sono in prevalenza dotate di vetrine ed hanno accesso diretto dalla strada.
Tali sistemi commerciali corrispondono ai tratti interni dei principali assi consolidati? dell’abitato, e si collocano in genere ma non necessariamente in maniera esclusiva nei centri storici o nelle città consolidate.
La loro caratteristica generale è la fruizione prevalentemente di tipo pedonale, il che non implica necessariamente la chiusura al traffico di tali assi, bensì il fatto che solitamente l’utenza raggiunge un posteggio in prossimità dell’asse (salvo che arrivi a piedi o con i mezzi pubblici), e poi si sposta a piedi da un esercizio all’altro (passeggiata commerciale).
Nelle situazioni più complesse, all’interno di questo tipo di assi si possono individuare delle gerarchie, a seconda della densità e del pregio degli esercizi presenti.
Sistemi commerciali lineari lungo gli assi di attraversamento o penetrazione
Sono caratterizzati dalla presenza lungo l’asse stradale, o i suoi eventuali controviali, di un tessuto edilizio a destinazione produttiva, terziaria o residenziale misto con presenza, anche discontinua, di attività commerciali o assimilate di vicinato o media struttura. A tali attività si accede in prevalenza non dalla strada bensì da controviali o da spazi destinati a parcheggio raccordati all’asse stradale.
Solitamente l’utenza raggiunge in auto il parcheggio del singolo esercizio e poi si sposta in auto verso altri esercizi. A differenza degli assi centrali le attività commerciali possono essere anche prive di vetrine o non essere direttamente prospicienti all’asse stradale.
Sistemi commerciali lineari lungo gli assi di grande comunicazione (autostrade, tangenziali, ecc)
Sono caratterizzati dalla presenza di sole strutture di supporto e servizio ai viaggiatori in transito (distributori di carburante, autogrill, motel, ecc.).
In generale l’utenza non accede a tali assi appositamente per fruire dei servizi commerciali, ma utilizza le strutture commerciali per soddisfare bisogni legati allo spostamento che sta compiendo per altri motivi.
Sono costituiti dall’insieme di una o più strutture commerciali che globalmente raggiungono una soglia di consistenza corrispondente almeno a quella minima di una media struttura di vendita.
Le attività commerciali negli addensamenti areali possono essere site sia in edifici aventi specifica destinazione commerciale, sia al piede di uno o più edifici con destinazione mista (residenza, commercio, produttivo, uffici). L’accesso alle attività commerciali, salvo che per gli addensamenti spontanei, avviene in generale attraverso parcheggi, portici, piazze o simili, raccordati alla strada pubblica attraverso un numero limitato di punti di accesso automobilistico.
Si considerano sistemi commerciali areali programmati quelli frutto di un progetto unitario (di iniziativa autonoma degli operatori o imposto dallo strumento urbanistico) che individui le aree specifiche di parcheggio ed i punti generali di accesso alla rete stradale pubblica, nonché le aggregazioni spontanee di maggiore rilevanza, formatesi nel tempo anche con caratteristiche di accessibilità meno strutturata, la cui esistenza è stata rilevata ed individuata in cartografia al momento della stesura del piano.
Si possono dividere indicativamente, a seconda delle caratteristiche del comune in:
-???? aree per grandi strutture. Sono i lotti di terreno o fabbricati dotati di accesso automobilistico proprio sui quali insistono o sono consentite grandi strutture di vendita;
-???? aree per medie strutture di livello superiore. Sono i lotti di terreno o fabbricati dotati di accesso automobilistico proprio sui quali insistono o sono consentite medie strutture di vendita di dimensioni più significative (in genere oltre i 600 o i 900 metri);
-???? Aree di concentrazione funzionale. Sono le aree in cui la presenza di una o più funzioni diverse da quelle propriamente commerciali determinano, al proprio interno o in adiacenze, una concentrazione di attività commerciali o assimiliate che operano in funzione dell’utenza attratta dall’attività principale (es: fiere, grandi impianti sportivi, grandi comparti di uffici, ecc.);
-???? aree mercatali. Sono gli spazi specificamente destinati allo svolgimento di mercati periodici, fiere di commercio su aree pubbliche, attività espositive temporanee o spettacoli viaggianti;
-???? quartieri fieristici. Sono spazi almeno parzialmente coperti, funzionalmente attrezzati per lo svolgimento di manifestazioni fieristiche di livello provinciale o superiore;
-???? centri commerciali all’ingrosso, sono aree specificamente progettate per ospitare un pluralità di punti di vendita all’ingrosso, con accessibilità comune e con o senza servizi comuni.
Si considerano sistemi commerciali areali consolidati o spontanei (addensamenti commerciali) le aggregazioni di un numero minimo (da definirsi secondo le caratteristiche del comune) di attività commerciali o paracommerciali che presentino tutte le seguenti caratteristiche:
-???? insistere all’interno dello stesso isolato o di isolati diversi fronteggianti o adiacenti siti sulla stessa via o incrocio;
-???? essere collocati entro un percorso pedonale di non oltre una certa lunghezza, calcolata in funzione del tipo di comune o di addensamento, in generale compresa tra i 150 e i 250 metri tra gli ingressi degli esercizi più distanti, che non implichi l’attraversamento di sistemi commerciali lineari, di barriere quali canali, tramvie o assi stradali di attraversamento o penetrazione;
-???? raggiungere complessivamente la superficie di vendita, somministrazione e/o servizio di almeno xxx mq. (in genere almeno la dimensione di soglia minima delle medie strutture) Possono essere inclusi in tale conteggio gli esercizi esistenti collocati entro le distanze di cui sopra, se non facenti già parte di sistemi commerciali esistenti.
Gli addensamenti commerciali possono essere consolidati o spontanei.
Al di fuori dei sistemi commerciali si possono in genere individuare:
Sono spazi in generale a funzione residenziale o mista, nei quali la presenza di attività commerciali è più o meno sporadica e comunque priva di una significativa continuità.
In tali aree riteniamo opportuno non consentire nuovi inserimenti di attività commerciali o assimilate, anche sotto forma di destinazioni d’uso complementari, salvo che si costituiscano aggregazioni che presentino quanto meno le caratteristiche precedentemente indicate per gli addensamenti commerciali.
Sono le parti del territorio in cui la presenza di attività commerciali è di scarsa rilevanza ed è ritenuta incoerente con le destinazioni prevalenti in esse esistenti.
Si possono a loro volta suddividere in:
Aree tendenzialmente non commerciali edificabili
Aree tendenzialmente non commerciali non edificabili
In dette aree, l’attività commerciale è soggetta a consistenti restrizioni funzionali; non è ammessa come destinazione prevalente ma solo come destinazione compatibile con le? precisazioni e limitazioni definite in normativa, tranne in casi particolari in cui l’attività commerciale o paracommerciale presenti una o più delle seguenti caratteristiche.
Proprio per l’eccezionalità della presenza del commercio in questo tipo di area, non è ammessa la formazione di sistemi commerciali.
Gli esercizi non facenti parte di sistemi commerciali sono definiti come isolati e sono così classificati:
-???? esercizi isolati autonomi, quelli che svolgono la loro funzione indipendentemente da connessioni funzionali ad altre attività di natura diversa da quella commerciale insistenti sullo stesso lotto o edificio;
-???? esercizi isolati strumentali o di servizio, quelli collocati all’interno di un lotto unitario o edificio a destinazione diversa da quella commerciale o residenziale, che operano in diretta connessione funzionale con l’attività principale (es. spacci interni, mense, locali di ristoro all’interno di impianti sportivi, scuole, ospedali, ecc.).
Nel pieno rispetto della filosofia generale del Piano di Sviluppo del Sistema Commerciale della Regione Lombardia riteniamo che l’obbiettivo del PGT non deve limitarsi al controllo della media – grande distribuzione (ovviamente fondamentale ma non sufficiente).
Riteniamo che tra gli obiettivi del PGT (o corrispondenti strumenti di altre regioni) vi debba essere quello di promuovere le condizioni ottimali per una tutela della struttura di vicinato esistente e per una crescita della stessa non vista come forma residuale di servizio per coprire gli interstizi lasciati vuoti dalla grande distribuzione, ma come una componente fondamentale del tessuto urbano e dell’effetto città. Questo corrisponde ad una incentivazione degli aspetti qualitativi non tanto visti come “nicchia di mercato” per i consumi degli utenti più facoltosi, ma come “qualità diffusa” non solo dei beni venduti, ma dei livelli di servizio e della vivibilità generale dell’ambiente urbano.
Parimenti, il servizio di vicinato ha una valenza sociale che non consiste solo nel fornire un’alternativa accessibile al consumatore anziano e dotato di scarsa mobilità, ma anche e prevalentemente nel costituire l’ambiente fisico ed umano di una serie di relazioni “despecializzate”, cioè che riguardano utenti di diverse fasce sociali, di età e di consumo, ma anche di portatori di interessi diversi (non l’incontro solo di chi ha lo stesso scopo – di acquistare).
Tali relazioni possono avere il pregio di essere “interstiziali”, cioè di riempire spazi e tempi anche programmati per diverse funzioni ed usi (ci si incontra mentre ci si sposta con mete diverse e in tempi diversi) e “preterintenzionali”, cioè accadono di fatto, senza essere scelte o programmate, e neppure possono essere volutamente evitate, e quindi ci mettono in relazione con gli altri “di fatto”, anche se non vorremmo farlo.
Alla luce di questi obiettivi, quindi, l’attività di pianificazione, a partire dall’analisi dei sistemi commerciali esistenti, dovrà definire sul territorio le linee di estensione e completamento di tali sistemi, nonché le previsioni localizzative di eventuali nuovi sistemi commerciali.
E’ una strada sperimentale, che per ora abbiamo introdotto nella pianificazione del commercio di una decina di comuni (di diverse dimensioni) della Lombardia. L’estensione ad un numero più significativo di località ci permetterà di monitorare i risultati e di verificare se è possibile una tipizzazione dei sistemi commerciali in funzione della dimensione demografica, dell’appartenenza a sistemi sovracomunali e di altri parametri significativi che emergeranno dalla ricerca.
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